Parco Archeologico Valdieri

Gli scavi effettuati tra 1984 e 2001 dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte hanno portato al recupero di un complesso sepolcrale che testimonia l'uso funerario dell'area tra il XIV e il VI secolo a.C ovvero dall'età del Bronzo recente alla media età del Ferro.
Complessivamente nelle diverse campagne di ricerca, sono state individuate 12 tombe tra cui un cenotafio (cioè una sepoltura senza defunto che rappresenta il desiderio della comunità di mantenere memoria di un individuo deceduto o sepolto altrove) e 3 strutture rituali.

All'estremità settentrionale dell'area interessata è venuta alla luce anche una fossa a forma circolare contenente una grossa pietra infissa in posizione sub-verticale, che emerge al di sopra del piano antico di calpestio per metà dell'altezza e che è stata interpretata dagli archeologi come segnacolo funerario.
All'età del bronzo vengono fatte risalire le prime tombe e le fosse rituali presenti, mentre di qualche secolo successivo è invece una struttura monumentale costruita più o meno nello stesso luogo che in un caso e accidentalmente interferisce con la parte più antica della necropoli.

Le tombe più antiche sono caratterizzate dalla deposizione dell'urna su di una lastra litica e contenente i resti ossei del defunto e gli elementi del corredo, all'interno di pozzetti scavati nel terreno.
Il numero piuttosto limitato di sepolture, la posizione privilegiata e il lungo periodo di utilizzo del sito fanno suppore che fosse destinato a individui con ruoli particolari all'interno delle comunità del tempo, come ad esempio capi o sacerdote.
Ulteriore dettaglio che rafforza questa idea è il fatto di non aver mai trovato tracce di un possibile insediamento dei vivi in questa area, mentre la scelta della cremazione come tipologia di rito funebre in uso è probabilmente dovuta all'abbondante presenza di legname adatto al rito inceneritorio.

A conclusione delle ricerche si è deciso di valorizzare il sito, ora di proprietà dell'ente Parco che in collaborazione con la Sovrintendenza e il supporto finanziario di Comune, Provincia e Comunità montana ha installato una copertura protettiva dei recinti funerari e organizzato al meglio l'intera area.
Al di sotto di questa copertura si sviluppa il complesso funerario che si organizza a partire da un ambiente centrale di probabile forma rettangolare intorno al quale si collocano recinti quadrangolari, delimitati da bassi muretti a secco con sepolture sotto tumulo terragno.

Alcune evidenze fanno pensare che parte della necropoli possa essere andata persa a causa di possibili frane di parte del terrazzo sul quale si sviluppa l'area avvenute in seguito a piene del Gesso che scorre ai piedi della scarpata.

Nello spazio alle spalle della necropoli, è stata realizzata con finalità didattica una fedele ricostruzione di una capanna dell’età del Bronzo con intorno ad essa uno spazio per la coltivazione, una fornace per la cottura della ceramica e un recinto per animali. Queste strutture sono fruibili grazie all’animazione culturale e a specifici programmi didattici che illustrano le diverse attività pratiche dell’età del bronzo come ad esempio la nobile arte della tessitura, la fabbricazione di oggetti in ceramica e l’allevamento di pecore e maiali.

In mancanza di oggetti originali di provenienza cuneese, la capanna e gli arredi sono stati riprodotti sulla base di modelli della stessa epoca rinvenuti in altre aree dell’Italia settentrionale.
La capanna infatti è stata progettata a partire dai dati di scavo del sito di Ponte San Marco di Calcinato, in provincia di Brescia.
Questi dati testimoniano come in epoca protostorica queste tipologie di edifici fossero realizzati avvalendosi di legni resistenti e flessibili come sono quelli di quercia o frassino. Per la sua ricostruzione è stato però scelto il castagno, in quanto più semplice da reperire.
Le pareti sono costituite da un intreccio in rami di nocciolo ricoperti di fango, sabbia e paglia mentre la copertura del tetto è fatta di paglia di segale, secondo una tradizione attestata in Valle Gesso anche in tempi molto più recenti.

La prima sezione della mostra ospita reperti che attestano una frequentazione di quest'area già a partire dall’età del Rame (3.500 – 2.200 a.C.) oltre a capitoli con approfondimenti specifici dedicati alle Grotte del Bandito di Roaschia, uno dei più importanti siti del Piemonte con attestazione di orso delle caverne, e alla necropoli di Entracque rimasta in uso dal V secolo a.C. fino al II secolo d.C.

All'interno della seconda sezione vi è invece un approfondimento dedicato alla necropoli protostorica di Valdieri dove vengono presentati i reperti restituiti dalle tombe, illustrando attraverso disegni le pratiche funerarie dell’età del Bronzo e dell’età del Ferro.

Tra i vari reperti di queste due epoche presenti nelle due sezioni possiamo elencare i cinerari (alcuni rinvenuti pressoché integri), le armille di bronzo del tipo "Crissolo", gli anelli a globetti, gli spilloni e le fibule a navicella inerenti all'età del ferro, e ancora frammenti di torques e un ago in osso a base appiattita e perforata relativi alle sepolture dell'età del bronzo.

Le informazioni e le illustrazioni divulgative e didattiche presenti lungo la visita permettono di comprendere la funzione originale di quello che si osserva, come ad esempio il caso delle fibule e degli elementi metallici utilizzati nell’abbigliamento femminile, divenuti il simbolo del percorso archeologico come si evince anche dalla loro presenza nel logo istituzionale del Parco.